Le parole che usiamo per descrivere i risultati scolastici e l’esperienza che facciamo rischiano di cancellare ciò che è essenziale. A volte ci mancano parole (dispositivi di valutazione?) per individuare la bellezza della traversata e non solo l’approdo, non tanto dove un ragazzo è arrivato ma quanta strada ha fatto, le sfide che ha superato, i vincoli di contesto con i quali ha dovuto fare i conti.
Le nostre narrazioni (registri elettronici, pagelle on line…) non dicono nulla sulla qualità della relazione che in quelle ore viene stabilita e nulla su quello che “passa”, nulla sullo sguardo che dà coraggio, nulla sulla bellezza di una carezza incoraggiante, nulla sulla serietà di un rimprovero che dice spessore morale, nulla sul coraggio preso a due mani per affrontare un’incompetenza appresa da bambino, nulla sulla qualità dei contenuti scambiati con i genitori.
A scuola comunque ci andiamo con amore e abbiamo cura dell’esistenza dell’altro. E se questo resta spesso implicito, impensato, sotto traccia, ogni tanto vale pena di raccontarlo.